Uno sguardo semiotico sull'omelia della chiesa cattolica: "Situazione che produce Linguaggio"

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Etimologia.

A cura di Renato Ongania

16 giugno 2023


Premessa

Cos'è un'omelia? Per rispondere a questa domanda dobbiamo attingere a delle fonti attuali perché nel tempo la Chiesa Cattolica ha mutato i propri modi di intendere il concetto di omelia, strumento di comunicazione orale tra il sacerdote e i fedeli.

La prima parte del saggio si occuperà di definire le caratteristiche ontologiche di un'omelia ideale, così come illustrate da Papa Francesco. La seconda parte prende in considerazione aspetti meno rilevanti che provengono dalla letteratura relativa all'Omelia, gli errori che si possono commettere e che andrebbero evitati. La terza parte prende in considerazione una omelia particolare, quella enunciata da mons Delpini in occasione dei funerali di stato di Silvio Berlusconi lo scorso 14 giugno 2023.

1. CARATTERISTICHE ONTOLOGICHE DI UN'OMELIA IDEALE

2014 Pastoral Visit of Pope Francis to Korea.

Papa Francesco illustra come dovrebbe essere un’omelia per essere efficace e comprensibile.[1]

Eccoli nel dettaglio:

1) PRIMA L’AMORE DI DIO

«Una bella omelia, una vera omelia deve cominciare con il primo annuncio, con l’annuncio della salvezza. Non c’è niente di più solido, profondo e sicuro di questo annuncio. Poi si deve fare una catechesi. Infine si può tirare una conseguenza morale. Ma l’annuncio dell’amore salvifico di Dio è previo all’obbligazione morale e religiosa».

«Oggi sembra che prevalga, a volte, l’ordine inverso. L’omelia è la pietra di paragone per calibrare la vicinanza e la capacità di incontro di un pastore con il suo popolo, perché chi predica deve riconoscere il cuore della sua comunità per cercare dove è vivo, ardente il desiderio di Dio».

2) CONCRETA

«L’omelia per me è qualcosa di talmente legato alla storia concreta del momento che poi può essere dimenticata. Non è fatta per essere ricordata dal predicatore, che invece è sempre spinto in avanti».

3) GUARDARE NEGLI OCCHI

«L’omelia scritta distrae dal guardare la gente alla quale chi predica si rivolge. Quello che cerco di fare ancora oggi è cercare gli occhi della gente. Anche in piazza San Pietro».

4) LINGUAGGIO COMPRENSIBILE

«L’omelia non è un testo, ma è una situazione che produce linguaggio. Lo studio previo, la preparazione del testo, non può sostituire quel momento originale del contatto con le persone. Chiesa in uscita significa uscire dalla rigidità di un prodotto della riflessione».

5) NON DIVENTI UNA CONFERENZA

«La differenza tra un’omelia e una conferenza? L’omelia è l’annuncio della parola di Dio, la conferenza è la spiegazione della Parola di Dio. L’omelia è l’annuncio, è fare l’angelo. La conferenza è fare il dottore».

«L’omelia è collegata all’essere pastore, alla gente che è nella comunità e che sta ascoltando. Ed è anche legata alla preghiera del pastore e alla Parola di Dio. Se mancano queste cose l’omelia non è tale».

6) SANTA MARTA

«L’omelie a Santa Marta? Comincio a prepararle a mezzogiorno del giorno prima. Leggo i testi del giorno dopo e in genere scelgo una tra le due letture. Poi leggo a voce alta il brano che ho scelto. Ho bisogno di sentire il suono, di ascoltare le parole. E poi sottolineo nel libretto che uso, quelle che mi colpiscono di più. Faccio dei circolino sulle parole che mi colpiscono. Poi durante il resto della giornata le parole e i pensieri vanno e vengono mentre faccio quel che devo fare: medito, rifletto, gusto le cose…».

7) POLITICA

«L’omelia è sempre politica perché si fa nella polis, in mezzo al popolo. Tutto quello che noi facciamo ha una dimensione politica e riguarda la costruzione della civiltà. Si può dire che anche nel confessionale, quando dai l’assoluzione, stai costruendo il bene comune. Questa è politica grande. La predicazione non è mai astratta dal bene comune. In questo senso l’omelia è sempre politica».

2. ERRORI CHE IL PARROCO DEVE EVITARE DURANTE UN'OMELIA

Statua del Cristo Redentore.

«Lo scopo della predicazione, la sua meta – premettono gli autori – lo possiamo enunciare così: non si predica tanto per sé, quanto per salvare chi ascolta».

Ogni predicatore avrà i propri punti forti e i propri punti deboli. Alcuni dicono che ogni predicatore ha un unico tema su cui ritorna sempre, in tutte le sue prediche, direttamente o indirettamente. Non si tratta di diventare supereroi della predica, quanto di identificare grandi debolezze ricorrenti che si devono evitare.

1) Mancanza di preparazione

A monte, a prescindere dalla preparazione remota ricevuta in seminario, un errore classico è la mancanza di preparazione per l’omelia. Ci sono migliaia di buone ragioni o di pessime scuse per non preparare l’omelia: riunioni, colloqui, problemi personali, sovraccarico di lavoro. Ma questi motivi portano immancabilmente a una grande superficialità che stanca molto gli uditori.

2) Assenza di messaggio centrale

La mancanza di preparazione ha spesso, per conseguenza, l’assenza di un messaggio centrale, anche se questo grande problema formale può capitare, purtroppo, anche quando l’omelia è stata preparata. Uno dei problemi più frequenti dei predicatori è quello di non sedersi con calma, prima di predicare, e chiedersi: «In poche parole, qual è il messaggio che voglio comuni- care domenica prossima ai fedeli?». Se il predicatore non ha un’unica idea da comunicare alla gente, può essere sicurissimo che neanche la gente saprà, dopo l’omelia, di cosa ha voluto parlare.

3) Lunghezza eccessiva

Un altro difetto ben noto delle omelie non preparate – anche di quelle preparate, ma spesso un po’ meno – è la loro lunghezza “abusiva”. S’insegna nei noviziati gesuiti: «Non più di dieci minuti la domenica, e cinque in settimana». Altrove si dice: «I primi cinque minuti muovono il cuore, il resto, il sedere». In modo ancora più leggero si dice – sperando di non cadere nel maschilismo: «L’omelia deve essere come una minigonna: abbastanza lunga per coprire l’essenziale, e abbastanza corta per suscitare l’interesse».

4) Lo spettacolo d’intrattenimento

Papa Francesco ricorda, nell’Evangelii Gaudium, che l’omelia «non può essere uno spettacolo di intrattenimento; non risponde alla logica delle risorse mediatiche, ma deve dare fervore e significato alla celebrazione» (EG 138). Ovviamente si devono evitare le volgarità, la banalità o l’eccessivo gusto per lo spettacolo. Sono veramente pochi i predicatori che riescono a usare bene un oggetto (una lanterna, una bandiera…) mentre predicano, senza distrarre i fedeli dall’incontro che devono vivere con Cristo.

5) Autoreferenzialità del predicatore

In realtà, l’omelia dovrebbe «essere realmente un’intensa e felice esperienza dello Spirito, un confortante incontro con la Parola, una fonte costante di rinnova- mento e di crescita» (EG 135). In effetti, l’omelia è «il momento più alto del dialogo tra Dio e il suo popolo, prima della comunione sacramentale» (EG 137). Ora, se il predicatore “tira a sé la coperta”, cioè se attrae su di sé tutta l’attenzione degli uditori anziché portarli a dialogare col Signore, sebbene possa avere da dire le cose più interessanti del mondo, la sua non sarebbe un’omelia, perché lo scopo della comunicazione sarebbe sbagliato.

6) Moralismo

Come vedremo nel quarto capitolo, l’omelia deve sollecitare da parte degli uditori una risposta concreta a partire dalla contemplazione di un aspetto del mistero della vita divina o della creazione. La predica può, anzi dovrebbe, spesso, prevedere, dopo una prima parte in cui si è visto il bello e capito il vero, una parte etica ed esortativa in cui viene sentita la chiamata a fare il bene. Ma la predicazione non può essere dall’inizio alla fine un catalogo di cose da fare o da non fare.

L’omelia non è il momento per fare una lezione di morale. Alcune prediche moralizzanti vanno più “a destra” (morale sessuale, richiamo all’ordine…), alcune più “a sinistra” (economia, ecologia, giustizia sociale…): il problema non è tanto il contenuto in sé, quanto la sproporzione fra contemplazione e azione a favore di quest’ultima. L’omelia non deve mai essere una mera arringa socio-politica moralizzante, sebbene debba anche portare a un agire cristiano migliore.

7) Spiritualismo

Con questa parola, non designiamo qui la stregoneria, ma il difetto opposto rispetto a quello appena esposto, cioè il moralismo. Cosa sarebbe, dunque, questo “spiritualismo”? Anziché avere radici concrete nella vita quotidiana dei fedeli o della loro società, alcune prediche volano sopra le nuvole, speculando su aspetti pseudo-mistici che non hanno incidenza reale.

8) Intellettualismo

È un difetto vicino a quello dello spiritualismo, ma più culturale, ed è molto diffuso. A causa della formazione rigorosa e intellettuale che i seminaristi ricevono nel seminario, dove gli elaborati, le tesi e le presentazioni sono gli unici modi d’espressione richiesti, capita allora l’errore di pensare che questi siano anche i modi giusti per comunicare con i fedeli nell’omelia. Quindi si pensa di fare dell’omelia un’esegesi storico-critica o narrativa, come una lezione di teologia dogmatica o fondamentale ecc.

9) Catechismo

Un difetto vicino all’intellettualismo è quello di fare una catechesi. Questa tentazione è molto sottile, perché c’è una grande tradizione nella Chiesa, soprattutto primitiva: d’istruire, durante l’omelia, i fedeli circa i misteri cristiani. È il caso, in particolare, delle omelie catechetiche o mistagogiche dei primi secoli. Queste catechesi (quelle di Cirillo di Gerusalemme o di Ambrogio) furono riscoperte durante il periodo del ressourcement patristico, verso gli anni Cinquanta, e si è molto giustamente lodata la loro paziente pedagogia.

Numerose sono le diocesi oramai che hanno sviluppato un programma di catechesi mistagogica per i catecumeni adulti. Il problema che ci interessa qui è che l’omelia durante l’eucaristia non è il momento adatto per fare una catechesi.

10) Parafrasi

A metà fra gli errori formali e quelli materiali si trova la parafrasi del testo scritturistico. Nella loro mancanza d’immaginazione, o di preparazione, alcuni predicatori pensano che per predicare sia sufficiente ripetere con le proprie parole i testi della liturgia appena letti. Questa prassi, purtroppo, risulta noiosa, perché è una mera ripetizione dell’esercizio della lettura, senza il tentativo di mettere a fuoco un messaggio centrale.

La parafrasi ha l’effetto di svilire l’impatto della parola sulla vita delle persone. Proprio perché la Parola di Dio non è sempre chiara, essa non va semplicemente ripetuta, ma spiegata. Meglio lasciare l’esercizio della parafrasi agli alunni delle scuole medie…

3. OMELIA PER SILVIO BERLUSCONI, COSA SI PUO' DIRE DI SILVIO BERLUSCONI?

Funerali di Silvio Berlusconi

TRASCRIZIONE[2]

Ecco l’uomo: un desiderio di vita, di amore, di felicità

Vivere

Vivere e amare la vita.

Vivere e desiderare una vita piena.

Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come una occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. Vivere e attraversare i momenti difficili della vita. Vivere e resistere e non lasciarsi abbattere dalle sconfitte e credere che c’è sempre una speranza di vittoria, di riscatto, di vita. Vivere e desiderare una vita che non finisce e avere coraggio e avere fiducia e credere che ci sia sempre una via d’uscita anche dalla valle più oscura. Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti. Vivere e sentire le forze esaurirsi, vivere e soffrire il declino e continuare a sorridere, a provare, a tentare una via per vivere ancora.

Ecco che cosa si può dire di un uomo: un desiderio di vita, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento.


Amare ed essere amato.

Amare e desiderare di essere amato. Amare e cercare l’amore, come una promessa di vita, come una storia complicata, come una fedeltà compromessa. Desiderare di essere amato e temere che l’amore possa essere solo una concessione, una accondiscendenza, una passione tempestosa e precaria. Amare e desiderare di essere amato per sempre e provare le delusioni dell’amore e sperare che ci possa essere una via per un amore più alto, più forte, più grande.

Amare e percorrere le vie della dedizione. Amare e sperare. Amare e affidarsi. Amare ed arrendersi.

Ecco che cosa si può dire dell’uomo: un desiderio di amore, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento.


Essere contento.

Essere contento e amare le feste. Godere il bello della vita. Essere contento senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini. Essere contento degli amici di una vita. Essere contento delle imprese che danno soddisfazione. Essere contento e desiderare che siano contenti anche gli altri. Essere contento di sé e stupirsi che gli altri non siano contenti. Essere contento delle cose buone, dei momenti belli, degli applausi della gente, degli elogi dei sostenitori. Godere della compagnia. Essere contento delle cose minime che fanno sorridere, del gesto simpatico, del risultato gratificante. Essere contento e sperimentare che la gioia è precaria. Essere contento e sentire l’insinuarsi di una minaccia oscura che ricopre di grigiore le cose che rendono contenti. Essere contento e sentirsi smarriti di fronte all’irrimediabile esaurirsi della gioia.

Ecco che cosa si può dire dell’uomo: un desiderio di gioia, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento


Cerco l’uomo.

Quando un uomo è un uomo d’affari, allora cerca di fare affari. Ha quindi clienti e concorrenti. Ha momenti di successo e momenti di insuccesso. Si arrischia in imprese spericolate. Guarda ai numeri a non ai criteri. Deve fare affari. Non può fidarsi troppo degli altri e sa che gli altri non si fidano troppo di lui. È un uomo d’affari e deve fare affari.

Quando un uomo è un uomo politico, allora cerca di vincere. Ha sostenitori e oppositori. C’è chi lo esalta e chi non può sopportarlo. Un uomo politico è sempre un uomo di parte.

Quando un uomo è un personaggio, allora è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori. Ha chi lo applaude e chi lo detesta.

Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà.

Ma in questo momento di congedo e di preghiera, che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia. E ora celebriamo il mistero del compimento.

Ecco che cosa posso dire di Silvio Berlusconi. È un uomo e ora incontra Dio.

Commento

Molti i commenti all’omelia dell’arcivescovo Delpini al funerale di Berlusconi, e con diverse interpretazioni abbastanza superficiali. L’omelia in sé ha una dimensione anche soggettiva, dipendente dalle diverse sensibilità individuali. Ma questa interpretazione soggettiva dipende anche dalla non conoscenza del glossario in uso (la nomenclatura). In questo caso appare emblematico l’uso del termine “criteri” introdotto nell'enunciazione di Delpini. Ma cosa significa quel termine nel gergo della chiesa e in particolare della chiesa ambrosiana? È un termine generico o ha un preciso significato?

Alla domanda forse viene in aiuto ciò che disse il cardinal Martini, il 28 giugno 2002, poche settimane prima di lasciare la diocesi. Lì, forse, c’è l’interpretazione del concetto di criterio.


La città degli onesti e degli uguali

Card. Carlo Maria Martini.

"Sia permesso infine di indicare più in generale quella strada politica efficace che è quella di dare forza e amabilità a una esistenza vissuta nel rispetto delle regole, mostrando che una vita umile e paziente, rispettosa delle leggi ed estranea alle prepotenze, non è atteggiamento imbelle, ma è umana e forte. Ma finché la nostra società stimerà di più i "furbi", che hanno successo, un'acqua limacciosa continuerà ad alimentare il mulino della illegalità e anche, sì, della microcriminalità diffusa. C'è anche un altro effetto, e forse più grave: quello che, togliendo stima sociale all'onestà, si indebolisca il senso civico, in specie dei giovani e dei più esposti alle strumentalizzazioni; e che si coltivi, anche nell'industre Milano, una classe di manovalanza criminosa, attratta dal facile guadagno. Compito culturale urgente allora -che accomuna la città con le sue decisioni politiche e la Chiesa con la sua funzione formativa- è quello di innescare un movimento di restituzione di stima sociale e di prestigio al comportamento onesto e altruistico, anche se austero e povero: "quanto è fortunata quella cittadinanza che ha moltissimi giusti" ("Quam beata civitas, quae plurimos iustos habet, quam celebrabilis ore omnium, quomodo benedicitur tota de parte et beatus atque perpetuus status eius existimatur": de Cain, II,12). Rivedendo magari, se del caso, i criteri con i quali la società -e magari anche la Chiesa- concedono favore e attenzione, criteri che troppo spesso premiano i potenti di questo mondo" - Carlo Maria Martini, 28 giugno 2002[3]

Breve excursus storico dell'Omelia nella Tradizione della Chiesa

L'omelia è una pratica antica e fondamentale nella tradizione cristiana che consiste nella predicazione e nella spiegazione della Parola di Dio durante la liturgia eucaristica, con lo scopo di enunciare la salvezza ai fedeli. L'excursus storico sull'omelia può essere suddiviso in diverse fasi.

Origini e sviluppo nei primi secoli cristiani

L'omelia affonda le sue radici nelle sinagoghe ebraiche, dove la lettura della Torah era seguita da una spiegazione e applicazione dei testi sacri da parte di un rabbino o di un altro esperto nella Legge. Nei primi secoli del cristianesimo, l'omelia si sviluppò come un mezzo per i leader della Chiesa di insegnare e commentare le Scritture, in particolare i Vangeli e gli scritti degli Apostoli.

Tra i Padri della Chiesa, alcuni celebri oratori, come Origene (185-254 d.C.), Giovanni Crisostomo (349-407 d.C.) e Agostino di Ippona (354-430 d.C.), contribuirono notevolmente alla pratica e alla teoria dell'omelia. Le loro omelie erano caratterizzate da un'intensa esegesi biblica, applicazione pastorale e retorica persuasiva.

Medioevo

Durante il Medioevo, l'omelia divenne una parte fondamentale della liturgia e della vita spirituale delle comunità cristiane. Le omelie, in questo periodo, variavano in stile e contenuto, ma si focalizzavano principalmente su temi teologici e morali. I predicatori medievali erano spesso membri di ordini religiosi, come i domenicani e i francescani, che si dedicavano all'evangelizzazione e alla formazione dei fedeli.

Nel 1215, il Concilio di Laterano IV richiese che i parroci predicassero almeno quattro volte all'anno, durante l'Avvento, la Quaresima, la Pasqua e la Pentecoste. Questa decisione rifletteva la crescente importanza dell'omelia nella vita della Chiesa medievale.

Riforma protestante e Controriforma cattolica

Nel XVI secolo, l'omelia divenne un punto cruciale nella Riforma protestante, poiché Martin Lutero e gli altri riformatori enfatizzavano la centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa e la necessità di predicare in modo chiaro e comprensibile ai fedeli. Le omelie protestanti tendevano ad essere più lunghe e dottrinali rispetto a quelle cattoliche e spesso includevano una spiegazione sistematica della fede cristiana.

In risposta alla Riforma, la Chiesa cattolica intraprese una serie di riforme, conosciute come la Controriforma. Il Concilio di Trento (1545-1563) riaffermò l'importanza dell'omelia e stabilì nuove direttive per la formazione dei predicatori. Le omelie cattoliche di questo periodo tendevano a essere più brevi e incentrate sui sacramenti e sulla devozione mariana.

Età moderna e contemporanea

Nell'età moderna e contemporanea, l'omelia ha continuato a evolversi in risposta ai cambiamenti culturali e teologici. Nel XX secolo, il Concilio Vaticano II (1962-1965) ha sottolineato l'importanza dell'omelia come parte integrante della liturgia e ha incoraggiato un maggiore coinvolgimento dei laici nella predicazione. Inoltre, il concilio ha promosso l'uso delle lingue vernacolari nella liturgia, rendendo le omelie più accessibili ai fedeli.

Oggi, l'omelia è ancora una parte fondamentale della vita spirituale dei cristiani e un mezzo per enunciare la salvezza ai fedeli. I predicatori di tutto il mondo continuano a studiare e riflettere sulle Scritture per offrire omelie che ispirino, sfidino e nutrano la fede dei loro ascoltatori.

Bibliografia

Note

  1. Adesso fate le vostre domande, Rizzoli
  2. Berlusconi, il TESTO dell'omelia di monsignor Delpini - Politica - ANSA https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2023/06/14/berlusconi-i-funerali-il-testo-dellomelia-di-monsignor-delpini_2ab063f7-3b04-4b24-9049-f2ca345aada4.html
  3. Paure e speranze di una città (noisiamochiesa.org) http://www.noisiamochiesa.org/Archivio_NSC/attual/Martini.28.6.2002.htm