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=== Semiotica del potere === | === Semiotica del potere === | ||
Le bandiere non sono mai innocue. Appartengono alla sfera del '''simbolico politico''', dove ogni forma comunica una posizione, una gerarchia, una visione del mondo. Anche una bandiera etnoculturale o religiosa, pur non statuale, interviene nel discorso del potere, sfidando o confermando assetti esistenti. | Le bandiere non sono mai innocue. Appartengono alla sfera del '''simbolico politico''', dove ogni forma comunica una posizione, una gerarchia, una visione del mondo. Anche una bandiera etnoculturale o religiosa, pur non statuale, interviene nel discorso del potere, sfidando o confermando assetti esistenti. Un esempio particolarmente eloquente è rappresentato dalla bandiera della rivolta ungherese del 1956: i manifestanti, in un gesto fortemente iconico, ritagliarono lo stemma del regime comunista dal centro della bandiera nazionale, lasciando un vuoto circolare. Quel vuoto non era solo un’assenza: diventava presenza visibile della protesta, un simbolo della volontà di liberarsi da un potere imposto, di restituire al popolo la propria identità. | ||
La bandiera, in tal senso, agisce come testo semiotico. È portatrice di senso, di memoria collettiva e di intenzionalità politica. Ogni modifica, ogni reinterpretazione o manipolazione della sua forma genera un effetto semantico che parla di resistenza, consenso, inclusione o esclusione. Non a caso, la distruzione o l'alterazione di una bandiera è spesso vissuta come un atto altamente sovversivo o sacrilego. | |||
=== Conclusione === | === Conclusione === |
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